Il mondo si dirige verso una sempre maggiore sfiducia, distruzione e violenza. La possibilità di affermazione dei bulgari non sta nell’esportare un altro egoismo nazionale e nel partecipare alla distribuzione della violenza, ma nello scommettere su un cambiamento progressivo non solo per loro stessi, ma per tutti i subalterni della periferia dell’UE
Vladimir Mitev
Questo testo è stato pubblicato nella notte in cui i media internazionali riportavano l’attacco di droni e missili da crociera della Repubblica islamica dell’Iran contro lo Stato di Israele come ritorsione al precedente attacco di Tel Aviv contro il consolato iraniano in Siria. Quest’ultimo attacco aveva causato vittime tra gli alti ranghi delle Guardie rivoluzionarie iraniane ed è stato rivendicato da Israele.
Qualche giorno fa l’ex ministro degli Esteri bulgaro ed ex eurocommissario bulgaro Mariya Gabriel ha presentato a Sofia una strategia di politica estera bulgara. Anche il testo che state leggendo vuole essere parte della ricerca di una moderna politica estera bulgara che tenga conto della crescente complessità del mondo in cui viviamo. Secondo l’autore, questa complessità richiede un maggiore livello di assoggettamento o di agency dei cittadini bulgari.
Prefazione
La crisi politica bulgara della primavera del 2024 è l’ennesimo spasmo dell’incapacità delle élite politiche del Paese di dirigere lo Stato in base alla moltitudine di venti che soffiano nella regione, in modo da far progredire la società bulgara. In un momento in cui Germania e Francia hanno difficoltà ad agire insieme a livello europeo, i due principali gruppi politici – la formazione anti-corruzione “Noi continuiamo il cambiamento – Bulgaria Democratica” e GERB di Boyko Borissov non sono riusciti a trovare un accordo sulla rotazione del Primo Ministro nel governo vigente. Alla vigilia di nuove elezioni anticipate, i vari canali di informazione sui social network e internazionali sottolineano che ai bulgari piace partecipare in democrazia attraverso il voto. Dinnanzi al sesto voto in tre anni pero’ le elezioni tendono a produrre più o meno lo stesso risultato.
La politica bulgara rimane un grande mistero per tutti coloro che cercano di capirla. Nel cercare di decifrarel’enigma nella societa’ bulgara e la complessita’ delle sue élite politiche, bisogna cambiare il paradigma di analisi. Consapevole dell’utopismo, bisognerebbe guardare al cittadino bulgaro comune un soggetto attivo nelle relazioni internazionali del suo Paese e come agente di un possibile cambiamento attraverso una sostituzione della retorica dei “buoni, filo-occidentali, giovani, belli, tecnocratici, istruiti e ricchi” contro i “cattivi, vecchi, brutti, populisti, sempliciotti e poveri” bulgari. Una tale dicotomia può sembrare a volte assurda per chi guarda da una prospettiva esterna alla societa’ bulgaria. Ma dinnanzi all’inutilità e mancanza di visione della vita politica dei partiti bulgari, e alla volgarita’ di insulti e accuse chela loro stessa politica propone,, non vi e’ altro modo di cercare di trasformare la disperazione e l’insensatezza in determinazione e speranza per l’uomo comune, il cittadino.
Non vi è dubbio che il potere politico in Bulgaria si basi sull’accumulo di dominio sul cittadino bulgaro (si potrebbe anche dire “sull’essere bulgaro”). Gran parte delle relazioni sociali sono costituite dall’accumulo eccessivo di potere e la sua possibile ridistribuzione. Finché il cittadino bulgaro, “sacrificato” (in questa situazione la base), su cui si fonda la sovrastruttura politica, rimarrà immaturo, facilmente ingannabile, apatico, scoraggiato, timoroso e insicuro, le imperfezioni delle élite politiche continueranno a parassitare sulla mediocrità. Pertanto, il cambiamento del sistema non passa dalla sostituzione di un gruppo di élite con un altro, che gestisca il solito stato di decadenza dell’Europa dell’Est nel Paese, ma dalla ricerca di un modo per emancipare il cittadino e permettergli di affermare la propria competenza, la propria autonomia etica, intellettuale ed emotiva, all’interno di un quadro complesso della societa’ odierna. L’esistenza di un maggior numero di persone politicamente non allineate o degli agenti di cambiamento all’interno della società bulgara possono sfidare l’attuale sistema politico e sociale, che tende a essere troppo gerarchico, rigido, diseguale e faticoso per il cittadino comune, soprattutto fuori Sofia.
Introduzione: qual è la condizione bulgara?
La Bulgaria sorprende. All’apparenza è spesso poco attraente, ma se si conoscono le persone giuste, o se si ha un po’ di curiosita’, si possono facilmente trarre molte emozioni positive e prendere spunto. La serendipità di Sofia si rispecchia nella sua peculiarità di incontrare persone per caso e senza accordi preliminari, potrebbe essere una delle carte vincenti della Bulgaria. Avere una posizione lavorativa o una posizione sociale giusta può essere sufficiente per entrare in un flusso (termine di Mihaly Cziksentmihaly) per vivere serenamente la vostra vita.
Sì, la Bulgaria può offrire una ricchezza di esperienze e visioni del mondo in un’area relativamente piccola. Potrebbe essere una grande scuola da cui imparare. Ad alcune persone piace vivere in Bulgaria perché, dicono, tutti sono diversi dagli altri. Questa sembra una versione positiva dell’essere bulgaro: diversità e pluralismo di identità e vita come creazione collettiva.
Queste persone prosperano e fanno tutto “con movimenti leggeri”, come ricorda una canzone di Slavi Trifonov, il leader del partito “There is Such a People” che ha avuto una carriera come cantante e showman prima di entrare in politica. Infatti, i desideri di queste persone sono stati realizzati e i loro dilemmi risolti. Ciononostante, e’ interessante come la disgregazione dei bulgari dal lorosfera di riferimento esistenziale possa condurre verso un potenziale cambiamento e un nuovo percorso di emancipazione.
Può essere molto scoraggiante vivere in Bulgaria e lottare per sopravvivere se nella propria vita ci sono state delle difficoltà e degli eventi infelici. E c’è il rischio che la frustrazione individuale venga attirata e sfruttata da alcune delle molte forze della società bulgara che non cercano il cambiamento e la crescita della comunita’ bulgara, ma solo di reindirizzare il malcontento verso un capro espiatorio – la Russia o l’Europa occidentale, Putin o Orban, Biden o Soros. Se ci lasciamo ingannare dall’intensa propaganda a buon mercato di una qualsiasi delle potenze egemoniche che forma le masse contro il “male”, non avremo più la vita come creazione collettiva nel senso di abbondanza di individualità, arricchimento reciproco, amore per la vita e trasformazione. Avremo il contrario di tutto questo: la vita come accumulo di potere sull’essere.
È su questo concetto di vita che si basa l’egemonia. È l’idea che esista una e una sola norma e che tutti noi siamo rappresentazioni minori o maggiori di essa. Questo è un invito alla violenza, perché l’unico modo per affermarsi sotto un’unica norma è sopprimere gli sforzi degli altri per emanciparsi e crescere, per paura che se questi avanzano ci sostituiscano nella gerarchia. Una sola e unica norma significa il dominio del narcisismo. Al livello successivo si assiste alla competizione di versioni opposte dell’unica norma, che possono nutrire un grande odio reciproco, ma che hanno anche un interesse comune a mantenere le persone nel territorio esistenziale in cui le persone diventano i loro prestanomi.
In questo modo, le persone che si vedono come delegati dell’Occidente o dell’Oriente, che pensano in termini di strutture di sicurezza e vedono nemici e traditori ovunque, dominano la coscienza pubblica e il discorso dei media. A mio avviso, le persone con questa mentalità non potranno mai essere veramente felici, veramente amorevoli e vivere in pace. Sentiranno sempre un certo deficit di potere nei confronti dell’avversario, lotteranno per accumulare più potere attraverso il dominio reciproco con il nemico, ma più potere accumuleranno, maggiore sarà il deficit che sentiranno. La contraddizione tra la crescita come accumulo di potere sulla vita (o, in altre parole, come potere – la capacità di coercizione e imporre cose che gli altri non vogliono) e la crescita come rinnovamento e trasformazione della vita è la chiave della teoria del cambiamento in Bulgaria che sto cercando di formulare.
Dominio reciproco e accumulo di potere sull’essere vs. vita come rinnovamento
Una serie di riflessioni sulla trasformazione della Bulgaria suggerisce una critica alle politiche di socializzazione verso i “deboli” .
La società bulgara ha forti atteggiamenti contro i migranti mediorientali, la comunita’ Rom, le persone LGBT e altre comunita’ socialmente associate a uno status di debolezza. “Essere deboli” in Bulgaria spesso giustifica atti di aggressione fisica e verbale. Ho iniziato a scrivere questo testo in una settimana in cui il partito nazionalista/patriottico VMRO ha organizzato proteste anti-migranti davanti al campo profughi di Harmanli a Sofia, la capitale bulgara. Nella stessa settimana una coppia di famiglie afghane è stata pesantemente picchiata da una banda di giovani, tutto immortalato da un video. Eesempi di vita quotidiana che evidenziano ancora una volta la parte disumana, barbara e stupida della vita in Bulgaria. Una società in cui la forza bruta – fisica o finanziaria – domina e distrugge i deboli, dove parlare di diritti umani o di dignità è da perdenti.
La socializzazione in Bulgaria ha sempre dimostrato che le parole da sole non significano nulla e non stimolano una reazione o costruiscono un legame umano. In molti rispettano l’Altro solo quando quest’ultimo viene temuto e può utilizzare il suo potere. Non si rispettano le parole o i fatti, ma l’esercizio di potere..
In questo contesto, possiamo capire perché la società bulgara – nel suo complesso e come individui – sta danneggiando i suoi concittadini e creando enormi ostacoli sulla strada della loro guarigione. Di conseguenza, molte persone della mia età – 40 anni – anche se sono istruite e vivono a Sofia, la capitale che promette una vita migliore e piu’ agiata, non trovano un significato nel loro lavoro, non sembrano avere il potere di trasformare le loro relazioni, e molto spesso rimangono inerme dinnanzi la loro frustrazione. Ciò che la società li invita a fare è dominare l’uno sull’altro con persone altrettanto frustrate, ma di orientamenti politici opposti. Entrambi hanno già accumulato un bagaglio di odio che scatenano l’uno sull’altro. Il risultato finale è che la loro frustrazione contribuisce al riacuirsi di traumi precedenti gia’ esistenti nelle loro vite. Il mantenimento di una tale situazione molti cittadini bulgari avranno sempre più difficoltà a cambiare profondamente se stessi e relazionarsi in modo solidale con altre persone che non solo condividono gli stessi traumiindipendentemente dal loro status sociale (o “nazionalità”).
“Trauma bulgaro” e identità statica
Non è difficile capire che questo dominio reciproco, a prescindere dalle generazioni a cui si appartiene, si basa su un’identità statica. Noi bulgari siamo spesso testardi. Possiamo lavorare e sopportare molto. Ma non importa quanto lottiamo, quali difficoltà abbiamo superato, e le conseguenze di queste azioni. Al di fuori di quest’ultime, rimaniamo immutabili e statici. Proprio questa mancanza di propensione al cambiamento e trasformazione ci porta, per disperazione e impotenza, a dominarci l’un con l’altro attraversp identità statiche che si contrappongono a loro volta. Ci vuole molto impegno, forza di volonta’ e spirito critico per scoprire come smantellare la nostra identità statica con i nostri stessi sforzi.
Se riusciamo a distruggere noi stessi (cioè a distruggere la nostra identità statica, il muro che ci circonda e che è dentro di noi), saremo anche in grado di costruirci come individui autonomi ed emancipati. Saremo liberi dal “trauma bulgaro” su cui si basa la vita politica e sociale della Bulgaria. Il potere politico narcisistico non potrà riprodursi e rafforzarsi grazie a noi. Al contrario, paradossalmente, creerà opportunità di cambiamento, soprattutto se un tale processo di emancipazione riuscisse a moltiplicarsi.
Ad oggi, il trauma bulgaro appare resistente. Le persone tendono a soffrire, a lamentarsi, a essere padroni dei loro drammi quotidiani, ma spesso non hanno lo spirito di distruggere la loro identità statica. In fondo, questa è una delle chiavi dell’esistenza bulgara: c’è sempre un piccolo sassolino nella scarpa che provoca disagio. C’è sempre una struttura di potere che impedisce la vostra completa felicità, e spesso potrebbe essere un fattore di disturbo per voi o per la comunita’ di appartenenza.
Una tale condizione potrebbe insegnare l’arte di vivere attraverso i propri limiti. Ma potrebbe anche evidenziare la nostra impotenza, scatenando violenza e degrado psicologico.
La soluzione al “trauma bulgaro”: vivere fuori di esso
Fuoriuscire dall’insoddisfazione dell’esperienza bulgara potrebbe iniziareal di fuori del trauma bulgaro. Ciò potrebbe avvenire nel disimparare l’incapacità appresa e interiorizzata al’interno di nuovi spazi, nuove energie attraverso l’incontro di nuove persone, o andare semplicamente andare oltre i confini sociali e geografici del trauma bulgaro. Vedo questo processo come profondamente trasformativo a livello individuale, ma anche come necessario a livello di società e di relazioni internazionali.
Essere parte del mondo significherebbe sperimentare e vivere con una parte maggiore della nostra personalità. Significherebbe una trasformazione senza fine. Aumenterebbe il nostro potenziale e ci mostrerebbe che ci sono altri modi per progredire piuttosto che usare il potere di qualche lobby per proteggere il nostro elemento statico dal cambiamento e imporre la nostra forza (in realtà quella della lobby) agli altri. Ci renderebbe anche più saggi e resistenti al dramma bulgaro. Potremmo persino trovare il modo di influenzare la vita in Bulgaria in modo positivo.
La Bulgaria e la sua regione
La regione bulgara potrebbe essere una grande fonte di esperienza ed energia, se solo avessimo la spinta interna, l’ambizione e un po’ di know-how per impegnarci in modo non egemonico. Ma nella situazione attuale, la Bulgaria e’ priva di ambizione nei confronti dei suoi vicini e della regione.
Le notizie sugli Stati balcanicii sono relativamente rare e la copertura giornalistica associata a una piu’ profonda riflessione analitica potrebbero aiutare a superare unapproccio acritico verso la regione. Alcuni membri dell’élite bulgara considerano i nostri vicini come proxy di parti “anti-bulgare” dell’Occidente (ad esempio, la Serbia come filo-francese, la Macedonia come filo-europea, la Romania come filo-CIA, ecc. In alternativa, un altro interesse tipico nei confronti dei vicini e della regione si basa sull’egoismo nazionale bulgaro (variamente indicato come interesse nazionale), che mira a ri-bulgarizzare e contrastare la de-bulgarizzazione degli ex territori bulgari a partire dal periodo medievale. Quest’ultimo approccio può essere visto come patriottico ed è certamente basato sul bulgarismo – ossia, uninsieme di concetti ed esperienze che affermano l’identità bulgara dentro e fuori la Bulgaria. Quest’ultimo impedisce una costruzione di fiducia reciproca a livello regionale, proprio come nel caso dello scetticismo verso “l’Occidente” contro il quale si rafforza l’idea che la Bulgaria sia un’isola circondata da nemici.
Tale mentalità influisce la societa’ bulgara, che rimanescettica nei confronti di qualsiasi forza internazionale, contro la quale i bulgari giocano il ruolo di “proxy” nei loro giochi regionali di dominio reciproco e con altre grandi potenze in ambito europeo. Dobbiamo essere consapevoli che esiste una pluralità di modi di essere bulgari e che l’idea che esista una sola e legittima posizione o interpretazione bulgara degli eventi storici e contemporanei è egemonica ma può essere contrastata dagli stessi interessi nazionali bulgari che il bulgarismo per eccellenza difende. I bulgari, come qualsiasi altra nazione, non sono realtà eterne e immutabili, ma persone e identità in divenire, con relazioni dinamiche interne ed esterne di dialogo e arricchimento reciproco.
Si può persino affermare che non abbiamo modello predefinitivo di essere bulgari: filo-serbo, quello filo-greco, quello filo-turco, filo-macedone, quello filo-romeno e così via Anche quando qualcuno dice di non essere “né filo-americano né filo-russo, ma filo-bulgaro”, nella maggior parte dei casi tale persona non riesce a definire quali siano esattamente gli interessi bulgari. Ci sono varie forze che cercano di armare la bulgarizzazione per rafforzare il loro particolare gruppo politico o economico e renderlo egemonico. Io credo che la Bulgaria sia qualcosa che non può e non deve essere privatizzata o armata. Una vera Bulgaria è una pluralità di identità e di modi di vita. E’ una Bulgaria democratica e moderna che permette a tutti di partecipare alla vita come creazione collettiva.
Tutto ciò può sembrare un pensiero che riecheggia una certa lontananza dai luoghi di potere e dei “nemici limitrofici”, tipico ance della Realpolitik in cui le relazioni tra le nazioni sono sempre relazioni di potere. Si può essere tentati di vedere una certa “mentalità dell’accerchiamento” e dell’ “essere accherchiati” come fedele alla logica del mondo. Non nego che questa logica esista e sia popolare nella nostra regione e altrove, soprattutto alla periferia del sistema internazionale. Ma sostengo che questa mentalità appartiene a tempi antichi e non può portare a grandi risultati oggi, così come non è riuscita a raggiungere l’unificazione nazionale bulgara (la Bulgaria ha perso le sue guerre per l’unificazione nazionale nel XX secolo). Mantiene la nostra regione in uno stato di perenne periferia e trasforma molte delle relazioni all’interno della regione in relazioni che non mirano a costruire o a far progredire nulla di nuovo. Al contrario, molte energie vengono spese per impedire agli altri di fare qualcosa e per mantenere vivo il cattivo karma tra di noi.
Sincronizzazione vs rafforzamento della perifericità
A mio avviso, il vero impegno con la regione potrebbe venire da persone che hanno la volonta’ di sincronizzarsi con i loro vicini. Quest’ultimi vorrebbero costruire reti e crescere insieme ai loro vicini sulla strada dell’europeizzazione e della modernizzazione. Non avrebbero un atteggiamento “pro” o “contro” i principali attori geopolitici, siano essi occidentali o non, e cercherebbero in ogni relazione il modo di portare energia ed esperienza alla regione per consentirne la crescita e l’affermazione. Non sarebbero guidati da egoismi nazionali o imperiali.
Sarebbe un peccato se l’unico obiettivo della politica estera di un Paese della semiperiferia dell’UE fosse quello di affermare un altro egoismo nazionale e di dominarsi reciprocamente con quelli esistenti. Bulgaria e Romania si trovano all’estremità inferiore della distribuzione della violenza in Occidente. I rumeni superano di gran lunga i bulgari per la loro russofilia e i bulgari fanno altrettanto nel ripetere mitologie storiche nei confronti dell’attuale Macedonia del Nord. Letteralmente, tutti possono essercitare un tale sentimento di odio sugli altri nella regione. Una vera strategia di politica estera per la Bulgaria può far uscire il Paese dalla sua posizione di privilegio solo se non è egemonica. Ciò significa che dovrebbe essere motivata e guidata da una serie di concetti e di intenti positivi e positivi per la vita che portino a un cambiamento progressivo non solo per la Bulgaria, ma anche per la sua regione – dalla Polonia al Mar Nero fino all’Egeo.
In questo caso, un approccio non egemonico al mondo significherebbe disimparare e sdradicare la nostra identità, ma costruire migliori relazioni sulla base della vita come rinnovamento e non come accumulo di potere sull’essere. “Vivere disarmati”, emotivamente coinvolti, curiosi, interessati a all’Altro e le sue esperienze, generosi, responsabili, ecc.
Siamo non egemonici quando siamo consapevoli che la nostra stessa esistenza e le nostre scelte sono sufficienti affinché l’evoluzione positiva avvenga dentro e fuori di noi. In questi casi siamo consapevoli che non abbiamo bisogno di accumulare potere. Abbiamo bisogno di essere fedeli alla nostra essenza, di essere autentici e di fare ciò che è necessario affinché gli altri facciano lo stesso. Pertanto, essere non egemonici e allo stesso tempo parte impegnata del mondo significa lasciare che lo spirito del tempo fluisca attraverso di noi e le nostre relazioni, trasformando tutto ciò che tocca. Non è lo spirito dell’Occidente o dell’Oriente, del centro o della periferia, dei tecnocrati o dei populisti. È lo spirito che rimane quando ci togliamo ogni tipo di vestito. È lo spirito dell’umanità come soggetto nel mondo. Rinunciando a tutti i possibili egoismi di gruppo, diventiamo gli unici veri attori del mondo – coloro che hanno ampliato la loro coscienza per prendere in considerazione gli interessi e le realtà di tutta l’umanità. Anche se questo obiettivo può sembrare assurdo o utopico, l’unica base veramente solida per costruire è l’insieme. Raggiungendo l’universalismo, sviluppiamo la vera conoscenza e la coscienza per agire a livello locale.
Pertanto, la Bulgaria o qualsiasi altra nazione/impero tende a danneggiare i propri cittadini plasmandoli per riprodurre il proprio egoismo nazionale/imperiale. Un Paese veramente moderno e attento non si sforzerebbe di limitare e ostacolare i propri cittadini per costruire la propria egemonia attraverso di loro. Creerebbe le condizioni affinché il potenziale delle persone cresca e si completi. In questo senso, il cambiamento in Bulgaria non significa sostituire le élite filo-tedesche con quelle filo-francesi o viceversa, né le lobby filo-russe con quelle filo-americane o viceversa, ma permettere e incoraggiare il cittadino bulgaro comune a superare il suo elemento statico e a entrare nel movimento dello spirito del tempo e del mondo.
Bulgaria: il popolo come soggetto delle relazioni internazionali
Come si può superare questa identità statica?
Invece di vedere intorno a sé avversari, muri e minacce, il popolo bulgaro dovrebbe andare incontro al mondo con un alto grado di fiducia. I bulgari dovrebbero sforzarsi di costruire più capitale sociale nelle loro relazioni con il mondo invece di cercare di inseguire i loro sogni attraverso prestiti veloci o società di scommesse. Dovrebbero anche rendersi conto della cattiva immagine che altri bulgari hanno creato nei Balcani, cercando di correggerla attraverso un impegno personale nel dare un esempio diverso. Il bagaglio stracolmo di negativita’ passate puo’ essere oggi svuotato e riempito da piu’ nuove e costruttive aspirazioni. L’assenza di guerra, ma anche l’assenza di impegno con i Paesi vicini, dovrebbe transformarsi in una pace duratura e di cooperazione sul lungo periodo.
I bulgari dovrebbero superare il trauma della socializzazione e diventare leader nel processo di sincronizzazione regionale sulla via dell’UE, invece di affidarsi alla promozione della divergenza con spirito sovranista “simili” nella Macedonia del Nord o laddove un simile approaccio sovranista impedisce ai bulgari di partecipare al sistema internazionale e rafforza parallelamente la posizione semiperiferica della Bulgaria nei Balcani e Europe.
Ciononostante, non bisogna rinunciare al patriottismo bulgaro, macedone o di qualsiasi altra nazionalità, che hanno e avranno il loro posto e ruolo nella regione e nel mondo, bensi’ inserire questo spirito in un contesto dove le nostre contraddizioni nazionali e regionali possano evolvere in modo costruttivo. Se non disimpariamo (in parte o del tutto) la nostra egemonia, i bulgari e la regione balcanica non saranno mai in grado di far valere i propri interessi nelle relazioni internazionali, rimanendo periferia. Al contrario, potremmo trasformare le nostre eterni battaglie oggi strumentalmente utilizzate dalle destre nazionali sincronizzando le nostre identita’ in modo meno statico. In questo modo, ognuno sarà maggiormente in grado di far valere le proprie ragioni, di influenzare l’Altro e di vedere riconosciuta e affermata la propria verità, cercando anche di cambiare il senso comune sulle prerogative politiche della Bulgaria che non sempre godono di buona immagine nella regione.
A mio avviso, le nobili ambizioni di cui sopra possono essere raggiunte se il soggetto della politica estera non è solo e non tanto il diplomatico o il politico, ma soprattutto il cittadino. I diplomatici e i politici tendono ad avere una comprensione relativamente ristretta di ciò che percepiscono come interesse nazionale e sono vincolati da procedure e regolamenti. Anche se hanno nelle loro mani il potere politico, vi sono evidenti limiti a ciò che possono ottenere in ambito regionale quando auspicano la sincronizzazione della regione “dal basso” come nel Gruppo di Visegrad o nll’Europa occidentale in vari momenti storici della recente politica internazionale.
Negli anni i Balcani hanno subito una certa regionalizzazione e ampiamento della cooperazione di imprese/capitali, o di ONG filo-occidentali incapaci di far comprendere il loro ottimo lavoro alla gente comune.E’ quindi necessario oggi iniziare un processo di regionalizzazione dei cittadini, perché proprio quest’ultime detengono il maggior potenziale per cambiare se stesse e le loro societa’. Nonostante i cittadini non sono vincolati da gerarchie visibili e hanno una maggiore libertà e flessibilità d’azione, possono trovarsi in disaccordo con molte decisioni delle loro classi dirigenti. Loro possono consentire un futuro cambiamento politico e aumentare il potenziale nelle relazioni bilaterali e regionali. Sempre loro hanno la capacità di iniettare dinamismo nelle relazioni bilaterali e regionali e dare spessore a qualsiasi sforzo delle élite per migliorarle. I cittadini possono ridare una dimensione umana a ciò che altrimenti rimarrebbe troppo tecnocratico o guidato dagli interessi economici. E credo che la “politica estera” della Bulgaria, una politica estera guidata dalla società, potrà davvero cambiare solo quando i bulgari ne diventeranno gli attori e gli attuatori principali.
Obiettivi e strategie di una politica estera non egemonica
La politica estera è spesso espressione delle realtà interne, ma potrebbe essere vero anche il contrario. L’esperienza all’estero potrebbe risultare cruciale per apportare cambiamenti alla società bulgara con l’energia proveniente dall’esterno.
Una politica estera non egemonica, guidata dai cittadini e caratterizzata da una sincera curiosità e interesse nel comprendere e agire insieme al vicino/Altro, promuoverebbe anche relazioni non egemoniche nella società bulgara. È giunto il momento di permettere alle esperienze di atteggiamenti favorevoli e contrari di uscire dalla loro statica disposizione identitaria e di diventare dinamiche, autoriflessive, autocritiche, influenzate dalla realtà in evoluzione e orientate al cambiamento.
La Russia, l’Europa occidentale, gli Stati Uniti o qualsiasi altra tendenza geopolitica che abbia un aspetto egemonico nella nostra regione non ha sempre ragione e “non ha ragione nemmeno quando ha torto“, una frase tratta dalla poesia “Guidami, oh, Partito, guidami” dedicata al Partito Comunista Bulgaro e che denota un amore così intenso per il partito-stato che l’amante è cieco nella sua sottomissione all’amato partito, fonte unica e ultima della verità. In realtà, tutte le tendenze politiche e geopolitiche tendono ad avere contraddizioni interne, ad avere elementi più progressisti ed elementi più retrogradi, proprio come la società bulgara. L’Est non è una cosa monolitica e l’Ovest non lo è altrettanto.
Un’identità dinamica sarebbe capace di comprendere la complessità di ogni potenza nel mondo e delle relazioni tra le stesse potenze internazionali. Invece di discutere su chi sia il “traditore tra noi” – i proxy dell’Est o dell’Ovest – dovremmo tutti porci l’obiettivo di superare questa logica di pensiero in modo da divincolare quest’ultimo dallo status internazionale del nostro Paese.
Nella logica dei proxy si “pensa” solo fino a quando si trova una forza a cui arrendersi per poi costruire fortezze intorno ad essa senza tenere conto degli sviluppi del mondo. Il vero pensiero, il pensiero critico come viene chiamato, non cercherebbe una madre o un padre a cui essere subordinato, ma abbraccerebbe la complessità, l’indeterminazione, e avrebbe un proprio orientamento e un valore aggiunto nel nostro mondo sempre più complesso, dando un senso a ciò che agli altri può apparire come caos. È questo pensiero, incapace di essere forte e categorico, magari apparendo contraddittorio o ambiguo, che paradossalmente può offrire un’azione determinata nel nostro mondo contemporaneo. Allo stesso tempo, la forza del pensiero critico non condurrebbe alla ricerca di un egemone, di un fratello maggiore di cui essere il fratello minore. Dopo aver funzionato durante la Guerra Fredda, tale mancanza di pensiero critico evidenzia dei limiti evidenti nell’imporre le sue convinzioni e i suoi piani quando si rivolge a un pubblico bulgaro nella periferia europea, ma può anche quando si inserisce in un contesto non bulgaro e di maggiore complessità dove è necessario avere la propria forza.
La Bulgaria non deve cercare un’entita’ egemone attraverso la quale realizzare i propri interessi strategici in Macedonia o al suo interno. Noi, come cittadini, non dobbiamo riproporre una logica di “fratello maggiore” o “fratello minore”, ma stabilire relazioni orizzontali di amicizia all’interno della nostra regione e iniziare a crescere insieme ad essa. Possiamo crescere solo sulla base della solidarietà, dell’amicizia, della fiducia reciproca, dell’ottimismo. Una crescita basata sull’egemonia e sull’accumulo di potere è insostenibile, insicura e propone ciclicamente un’egemonia dopo l’altra. Ma se basassimo la nostra crescita su un’identità dinamica con l’altro, trascenderemmo i limiti dell’egemonia e dei giochi di potere. Saremmo persone spogliate dalla sovrastruttura del potere. Avremmo una connessione diretta con l’altro essere umano, perché la mancanza di sovrastrutture significa la mancanza di armature o armi – in altre parole, la mancanza di potere come mediatore. E dobbiamo imparare a camminare disarmati in terre straniere, perché è il modo migliore per sentirci al sicuro.
Cosa potrebbe significare concretamente una politica estera non egemonica nei Balcani?
Per la Macedonia del Nord o per chiunque altro, una politica non egemonica significherebbe innanzitutto avere un sincero interesse a conoscere e comprendere l’Altro, non tanto alle nostre condizioni, ma alle loro. Nel caso della Macedonia del Nord, potrebbe significare avere dei media transfrontalieri da cui apprendere com’è la vita in Macedonia oggi, quali sono i principali spettacoli teatrali macedoni, i gruppi rock, i piatti tradizionali e il pensiero comune della gente. Potrebbe significare non andare lì con l’idea di bulgarizzazione, o cercare di usare i macedoni come proxy contro qualcuno. Potrebbe anche significare creare qualsiasi tipo di infrastruttura che permetta ai macedoni di fare lo stesso con la Bulgaria, di comprenderla nei suoi termini e di essere arricchiti da questa conoscenza. Questa è la strada per un’identità dinamica, un’identità che ha diversi elementi costitutivi che interagiscono e si trasformano a vicenda in modo non egemonico.
Una politica estera non egemonica significa vivere senza il doppio strato di potere che usa il fattore umano in modo esclusivamente strumentale. Viviamo e lasciamo vivere gli altri, connettendoci sulla base della libertà e del rispetto per gli altri e per la loro quotidianita’. Questo approccio può sembrare debole e poco convincente a chi è stato esposto alla politica dell’egemonia e e le logiche della realpolitik. Io sostengo che una politica estera non egemonica permetterà a chiunque sia in grado di praticarla di replicarsi letteralmente in qualsiasi altro Paese e in qualsiasi altro contesto. E non entreremo in questi territori di nascosto, nascondendo le nostre reali intenzioni. Entreremo dall’ingresso principale e saremo trattati con rispetto, data la necessità della nostra posizione non egemonica per quella società. La vera posizione non egemonica è quella di dare potere e portare cambiamenti positivi a tutti.
Più la Macedonia del Nord si avvicina all’UE, più l’approccio egemonico contro di essa non potrà funzionare. Entrare a far parte dell’UE significherebbe per Skopje aver superato la prova più importante: dimostrare che la sua statualità è sostenibile sul piano politico-istituzionale. E quando questa prova sarà superata, la capacità di qualsiasi Paese dell’UE, compresa la Bulgaria, di imporre la propria volontà con la forza diventerà sempre più limitata. Fino ad allora, tuttavia, la politica estera non egemonica della Bulgaria in un Paese non UE sarà diversa da quella in un Paese UE, perché la Bulgaria e la Macedonia del Nord non hanno lo stesso status internazionale. Un approccio bulgaro non egemonico alla Macedonia del Nord cercherebbe di identificare un potenziale contatto tra i due Paesi, indipendentemente dalla generazione di riferimento, dalle loro preferenze culturali e dall’atteggiamento verso la Bulgaria e i bulgari sul piano storico-politico. Perché la “non egemonia” è legata a un tipo specifico di soggettività, che dovrebbe essere incoraggiata e orientata alla crescita costruttiva. Per le élite macedoni la non-egemonia può anche essere una sfida, perché è difficile trovare persone non politicizzate e indipendenti che possano relazionarsi con le rispettive élite bulgare. Ma l’unico modo per la Macedonia del Nord di affermare veramente la propria identità a livello internazionale è avere persone e persino gruppi non polarizzati, politicizzati o semplici prestanomi.
Lo stesso vale per la Bulgaria, anche se fa gia’ parte dell’UE. L’ulteriore avvicinamento della Bulgaria all’Occidente dipenderebbe dall’emergere di posizioni e spazi sociali in cui le relazioni non siano egemoniche. E le relazioni bulgaro-rumene potrebbero essere una scuola in questo senso, forse paradossalmente perché la Romania è il Paese dell’UE il cui status è più vicino a quello della Bulgaria, anche se è paradossalmente il vicino meno conosciuto della Bulgaria. Ciononostante, la capacità di costruire ponti di amicizia, relazioni basate sulla reciprocità e sulla comprensione reale e profonda dell’altro, dovrebbe essere elevata, soprattutto se si inizierà a disimparare il bagaglio nazional-centrico del periodo di transizione, con cui bulgari e rumeni entrano in relazione con il mondo esterno. Una politica estera non egemonica nelle relazioni bulgaro-rumene permetterà di acquisire nuove esperienze e conoscenze a un prezzo non elevato grazie alla vicinanza geografica e a fenomeni sociali simili e più facili da comprendere tra le due culture. Ciò aumenterebbe naturalmente il potenziale di entrambi i Paesi e potrebbe consentire loro di agire insieme in altri settori se solo si costruissero dei legami non egemonici tra persone e organizzazioni.
È curioso che una politica estera non egemonica, basata su un’identità dinamica con i vicini, permetta ai bulgari di espandere la loro coscienza in modo tale da avere radici in terre che i nazionalisti bulgari rivendicano come storicamente bulgare. Un’identità dinamica con i vicini della Bulgaria significherebbe interiorizzare le contraddizioni dell’Altro. Quest’ultimo modo di pensare rimane agli antipodi di ciò che propongono i nazionalisti, pronti a “conquistare” queste terre, a imporre il trauma bulgaro e a sopprimere le influenze/traumi stranieri. Un approccio quindi, non egemonico, capace di costruire una storia condivisa e sincronizzare i due Paesi sulla strada della modernizzazione. Significherebbe imparare e accettare gli altri così come sono, e di conseguenza accettare e riconoscere noi stessi. Tale approccio non egemonico potrebbe rivelarsi più promettente nel proteggere gli interessi nazionali bulgari rispetto alla strategia proposta dell’estrema destra bulgara verso la Macedonia del Nord e altrove. Una politica estera non egemonica permetterebbe anche ad altre nazioni di sentire che la loro verità viene riconosciuta e rispettata – tutta la verità, non solo quella di comodo. Questo è il significato pratico di non egemonia: la formazione di un’identità dinamica tra vari soggetti politici, che crescono e si sviluppano insieme e non a spese dell’uno verso l’altro.
Non egemonia e cambiamento
Ricapitolando, le relazioni non egemoniche al di fuori della Bulgaria potrebbero influenzare le relazioni non egemoniche in Bulgaria. La società bulgara dovrebbe trarre beneficio da tale influenza e aumentare il proprio capitale sociale. Pertanto, si potrebbe raggiungere una maggiore complessità della società bulgara, dove la questione del cambiamento è fondamentale.
Il fallimento del partito “Noi Continuiamo il Cambiamento” nel produrre i risultati sperati nella lotta alla corruzione, i servizi segreti, interessi economici acquisiti, lotta alle oligarchie, ecc. è un segnale che la Bulgaria ha bisogno di una teoria del cambiamento più complessa e ponderata sul lungo termine. Le esperienze dei Paesi vicini potrebbero permetterci di guardare alla nostra società con occhi nuovi. La Romania, ad esempio, è un Paese in cui si stanno scatenando grandi forze capitalistiche. Guardando all’esperienza rumena, potremo facilmente vedere come anche la società bulgara sia finanziarizzata: ogni persona, ogni gruppo sociale, ogni entità giuridica ha varie forme di capitale – finanziario, sociale, di conoscenza, ecc. – e degli interessi ad esso associato.
Il partito del “Noi Continuiamo il Cambiamento” ha fallito anche perché non ha mai significatamente proposto un cambiamento in termini economici. E’ cosi’ facile capire che tutti gli scontri importanti durante i governi Petkov e Denkov hanno avuto a che fare con gli interessi finanziari. Petkov ha cercato di fermare il flusso di denaro statale verso le imprese di trasporto e di costruzione legate al partito GERB di Boyko Borissov, che all’epoca era visto come clientelare e corrotto. Denkov ha sfidato gli interessi acquisiti nel settore agricolo e ha promosso la transizione verde nelle regioni carbonifere. In entrambi i casi, le proteste e gli interessi economici coinvolti sono le due facce della stessa medaglia. Durante il governo Denkov, anche diversi dipendenti statali, come gli operatori culturali e altri, hanno protestato, chiedendo il riconoscimento del loro diritto a maggiori risorse finanziarie. Ciò che emerge da tutto questo è che l’idea del cambiamento possa passare attraverso la sfera economica o con un utilizzo di denaro pulito. Questa dicotomia evidenzia una somiglianza con l’amministrazione americana del Presidete Joe Biden, le cui complesse dinamiche vengono ignorate dai cittadini bulgari.
Ciononostante, impareremo sempre di più che la nostra è una società capitalista, dove la base economica si riproduce nel potere. In queste condizioni, è molto difficile distruggere letteralmente un’azienda, un settore economico o un interesse politico o economico. Per esempio, il gioco d’azzardo sara’ sempre presente e probabilmente legato alle oligarchie della società bulgara. Il tentativo di distruggere una tale realtà economica assai radicata nella società bulgara non sembra realistico. Nella nostra economia di libero mercato, diversa dal modello comunista precedente il 1989, qualsiasi tentativo di costruire un’egemonia contro qualcuno creerebbe una risposta contro-egemonica.
La lotta per il cambiamento potrebbe essere finalizzata solo alla trasformazione, non all’imprigionamento, dell’espulsione e/o dell’espropriazione del “nemico”. In altre parole, le dinamiche di cambiamento significano de-egemonizzazione. Nel settore del gioco d’azzardo, nuove regolamentazioni potranno rivedere l’espansione di tale settore economico come è già accaduto per l’industria del tabacco. Ma il gioco d’azzardo continuera’ ad esistere insieme agli oligarchi che utilizzeranno questo settore per i propri interessi economic. Ma se la gente comune avrà potere economico, tali interessi (e gli oligarchi) avranno sempre meno un potere egemonico nella societa’.
Sono sicuro che tutti noi che siamo stati socializzati durante il periodo di transizione democratica dove uomini e donne hanno avuto successo economico sono stati capaci di realizzare le loro ambizioni perche’ convinti della loro capacità intellettuale e potere finanziario. Ma lasciatemi dire che la tendenza della nostra società è quella di addomesticare tutti gli interessi acquisiti e gli egemoni con i quali continueremo a vivere godendo delle nostre grandi esperienze quando potevamo davvero fare tutto ed essere chiunque, mentre i vecchi valori crollavano e venivano riscritti in nuovi contesti. Ma il futuro rimane un momento in cui saremo gradualmente de-egemonizzati in ogni modo possibile.
Le rivoluzioni non sono probabilmente possibili nell’UE. Gli hilteristi, i fascisti e gli stalinisti possono aver avuto un meno forte impatto ideologico sulla societa’, ma da decenni ormai, il pensiero forte si è indebolito con l’aumentare della complessità del mondo in cui viviamo. L’organismo sociale dei nostri Paesi sta diventando più complesso, più diversificato, nonostante tutti gli sforzi per riprodurre il trauma/norma bulgaro. In questo contesto, invece di aggrapparci ai resti delle nostre idee forti (come l’anticomunismo, l’antifascismo, l’antiamericanismo, la russofobia, la russofilia, ecc.), che potrebbero rilevarsi non così convincenti per le nuove generazioni, forse una posizione più onesta e realistica sarebbe quella di abbracciare il nostro “pensiero debole” (un termine propagandato da Gianni Vattimo) e le nostre azioni “deboli”, che, tuttavia, potrebbero portare a una distribuzione più democratica del potere nella società. Se questo indebolimento delle narrazioni forti avviene, è già un cambiamento ed è ancora una volta legato all’egemonia.
Meno egemonia c’è nella società, più opportunità ci sono per i cittadini di avere una loro capacita’ in quanto quest’ultima sembra essere il piano su cui le egemonie si neutralizzano a vicenda. Questa capacita’ è insita nei cittadini che in qualche modo possono acquisire potere e sono in grado di avere un loro programma da oppore a quelle forze egemoniche che continuano ad assoggettare l’intera societa’. Ma come si potrebbe raggiungere o definire ideologicamente una tale capacita’ dei cittadini?
Una politica estera non egemonica potrebbe liberarci dalle vestigia del pensiero forte della Guerra Fredda (che rallenta l’evoluzione sociale a causa del suo aspetto egemonico e della negazione reciproca con un nemico) e incoraggiarci a essere cittadini attenti, responsabili e riflessivi nel nostro Paese, agendo sotto la guida delle nostre autentiche aspirazioni, invece di essere guidati da qualche imperativo politico o gerarchico di stampo militare. Potremmo scoprire all’improvviso che l’antifascismo e l’anticomunismo possono essere non egemonici, non condizionati da forze politiche o geopolitiche. E potremmo anche scoprire che queste ideologie attualmente indebolite ma autentiche (o qualsiasi altro insieme di idee/ideologie che abbiano autenticità per noi) possono anche nascere da dentro di noi e non avere un aspetto radicato contro qualcuno.
Alla fine potremmo quindi scoprire che noi bulgari non dobbiamo necessariamente essere omologarci all’attuale unicita’ dell’essere bulgari, che impone una continua sfida sull’autenticita’ della nostra identita’ nazionale e sul diritto di parlare o agire a nome della Bulgaria. Potremmo scoprire che non siamo in competizione l’uno con l’altro, ne’ essere l’egemone di noi stessi sopprimendo gli altri “falsi” bulgari e aspettando l’ennesimo cambiamento (geo)politico che cambierà i nostri ruoli. Dovrebbe avvenire una sintesi delle nostre identità particolari, in modo che lo spirito bulgaro e lo spirito mondiale si fondano, si incarnino e inizi una vera trasformazione da cui potrebbe venir fuori una nuova alleanza di vita e del divenire. Tutti coloro che sono diversi da noi sarebbero qui per connettersi e affermarsi reciprocamente. Saremmo arricchiti dall’esperienza delle nostre differenze e somiglianze, e, sospetto, che molte delle attuali guerre fredde finirebbero in una pace attiva.
Conclusioni
Credo che non sia nell’interesse della Bulgaria rimanere esclusa da un mondo in cui i flussi di capitali, idee, persone e beni sono in aumento. Se fossimo isolati, saremmo più vulnerabili, divisi e fragili. Dobbiamo sviluppare un’identità e una capacità che ci permettano di far parte dello scenario globale e di contribuire in esso. Un approccio non egemonico, un’identità dinamica e un ponte di amicizia con i soggetti del mondo con cui siamo in grado di connetterci, significherebbero anche aprirci al mondo, che a sua volta imparerà a conoscerci e a trarre vantaggio da noi trovando nuove esperienze ed energie nelle relazioni.
La sfida per i bulgari è quella di disimparare l’egemonia, ma c’è anche una sfida per i loro potenziali partner o stakeholder a livello internazionale. Sono in grado anche loro di disimparare la loro egemonia? Perché se vengono in Bulgaria con un approccio egemonico, provocheranno la resistenza dei rappresentanti di una contro-egemonia. E così come la Bulgaria sarà sempre meno in grado di imporre la propria volontà alla Macedonia settentrionale man mano che Skopje si avvicinerà all’UE, anche il mondo esterno potrebbe trovare più difficile imporre il proprio potere alle future generazioni di cittadini bulgari se immaginiamo quest’ultimi sempre meno in grado di agire come proxy. In Bulgaria, quindi, abbiamo una situazione classica in cui ci saranno forze per il cambiamento – e il cambiamento sarà uno sviluppo verso l’emancipazione e la non egemonia, nonché l’affermazione della Bulgaria e della regione. E ci saranno forze che si opporranno a questo processo perché temono di perdere la loro posizione privilegiata in un mondo con una distribuzione più equa del potere.
Una distribuzione più equa del potere significherebbe l’emancipazione del cittadino comune, il superamento della norma unica e dell’identità statica e una maggiore affermazione della comprensione della vita come creazione collettiva. La Bulgaria ha più che mai bisogno di modernizzarsi e di diventare un luogo più equo e felice in cui vivere. Non solo a Sofia, ma ovunque.
Sostengo che un approccio non egemonico alle nostre relazioni esterne potrebbe essere un modo per realizzare questi grandi cambiamenti. Lo considero un approccio che dovrebbe provenire dalla gente comune, perché credo che abbiano un potenziale maggiore per disimparare l’egemonia istituzionalizzata in vari aspetti. È nobile avere politiche che diano potere alle persone e permettano una maggiore complessità del sistema, piuttosto che basare la società su identità statiche e di puro dominio. Credo anche che ognuno di noi abbia la chiave della propria emancipazione. Dobbiamo agire come se non esistesse un potere da cui dipendiamo, e in questo modo il potere può essere modernizzato e trasformato, in breve de-egemonizzato e ri-umanizzato. Per iniziare questo processo (un processo davvero a lungo termine) dovremmo “vivere disarmati” nel mondo di oggi. Una vita senza imporre rischi e violenze all’Altro è una vita che permette un’esperienza intensa e aperta a qualcosa di nuovo. Perché la vita non è un accumulo di potere, ma un continuo rinnovamento.
Foto di Nacho Juárez: https://www.pexels.com/photo/two-yellow-flowers-surrounded-by-rocks-1028930/
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